Da quando l’evoluzione tecnologica ha raggiunto stadi di perfezionamento assai accentuati, sia nei progetti, sia nella loro realizzazione, la parola bello trova legittimamente applicazione in tutti i prodotti industriali.

Ad esempio, Enzo Ferrari, negli anni sessanta, ad un giornalista dichiarava che, a spingerlo a progettare le sue autovetture, era il piacere per la bella meccanica. Noi tutti, del resto, conosciamo, o abbiamo potuto apprezzare l’interno degli orologi antichi e moderni, la geometria dei circuiti stampati su chip di pochi millimetri quadrati, strutture architettoniche complesse come ponti e grattacieli, motori a reazione, satelliti artificiali e via di questo passo.

Da tutto ciò emerge una verità: la bellezza della tecnologia non risiede solo nell’estetica degli oggetti ma bisogna ricercare l’identità anche nella configurazione interna, quella nella quale risiede la vera e propria proiezione materiale del progetto ideato nella mente del progettista. Sotto un profilo utilitaristico, la cosa può non avere grande significato, poiché di molti oggetti, ai più indispensabili, faremmo volentieri a meno in quanto, ciò che interessa è la funzione che essi svolgono.

Chiunque rinuncerebbe alla bellezza degli occhiali da vista o di una protesi d’anca, se potesse però conservarne le prestazioni. Se di un oggetto tecnologico non si può fare a meno, ecco che l’uomo cerca, se non altro, di renderlo gradevole attraverso le più sofisticate tecnologie, trattamenti e/o modifiche superficiali. La stessa miniaturizzazione, che è nei desideri impliciti dell’uomo, sta esattamente a significare questo: appropriarsi dei servizi di un prodotto tecnologico senza eccessivi sforzi e ingombri e, idealmente, senza necessità di manutenzione. Forse possiamo dire che la tecnologia migliore è quella che non si vede, perché è tanto semplice da usare da diventare trasparente.

Sul piano delle nuove tecnologie la tendenza appare questa e spesso nelle previsioni future le innovazioni vedranno il progettista arricchito bionicamente da oggetti – agende elettroniche, telefonini, personal computer – tanto miniaturizzati da poter essere collocati sotto pelle magari, perché no, fin dalla nascita. Vorrei chiudere con un pensiero di Aristotele: l’uomo, con le sue conoscenze e con le sue tecnologie, in alcuni casi imita la natura e, in altri, è in grado di modificarla migliorandone gli aspetti più belli, proiettandovi i modelli di bellezza che va scoprendo o creando lungo la storia. Saprà il progettista del futuro mettere in atto tutto ciò?

Foto: “Un nano tubo” – Foto: by CSIRO Original uploader was CSIRO at en.wikipedia. Con licenza Creative Commons ‘ Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported’