Le batterie del futuro potrebbero nascere dalla birra, o meglio dalle acque reflue dei birrifici. Due ingegneri dell’Università del Colorado, Zhiyong Jason Ren e Tyler Huggins, hanno trovato un sistema per creare materiali in carbonio da impiegare nella realizzazione delle cellule elettrochimiche delle batterie partendo proprio dalle acque reflue dei birrifici.

Queste acque, ricche di zucchero, sono terreno fertile per lo sviluppo di un fungo, la Neurospora crassa, che può essere poi trasformata in materiale a base di carbonio da impiegare nella produzione di elettrodi.

Le acque reflue dei birrifici

Nella produzione di elettrodi partendo da biomasse spesso c’è il problema di reperire la materia prima in quantità sufficiente.
In questo caso, la questione non si pone: i birrifici utilizzano circa sette barili di acqua per ogni barile di birra prodotto e il trattamento delle acque reflue è un passaggio necessario per mantenere sotto controllo l’impatto ambientale della produzione.
Come sempre accade quando si utilizzano come materia prima per un processo i materiali di scarto di un altro processo, c’è anche il vantaggio di contribuire allo smaltimento dei rifiuti.

Una applicazione su larga scala di questa produzione sarebbe particolarmente interessante nelle zone dove ci sono grandi birrifici o si concentrano molte piccole realtà. Non è un caso che questo studio sia stato condotto proprio nello Stato del Colorado, che negli USA è noto per la sua grande e varia produzione di birra. Qui l’applicazione su larga scala di questo processo potrebbe ridurre significativamente i costi di smaltimento rifiuti dei birrifici, fornendo in più una preziosa materia prima per la produzione ecologica di materiali al carbonio.

Anche in Italia non mancherebbe la materia per alimentare il prezioso fungo, dato che, nonostante la storica tradizione vinicola del nostro territorio, negli ultimi anni gli estimatori della birra sono diventati più numerosi.