La natura sorprende spesso, soprattutto quando si tratta di piante con capacità fuori dal comune. E rientrano in questa categoria le cosiddette piante iperaccumulatrici, in grado di assorbire metalli nelle foglie, in concentrazioni molto più elevate (50-100 volte) rispetto a quelle normalmente presenti nei vegetali tradizionali.

«Le piante iperaccumulatrici accumulano elementi metallici, tra cui i metalli pesanti, che possono essere divisi in due gruppi – spiega Daniela Di Baccio, ricercatrice del Cnr all’Istituto di biologia agro-ambientale e forestale –. I metalli pesanti che sono anche micronutrienti per gli organismi, quali il nichel, il rame, il cobalto, lo zinco o il manganese; i metalli pesanti non essenziali, come il cadmio, il cromo, il piombo o il mercurio. Queste super piante assorbono i metalli pesanti adottando gli stessi meccanismi usati per la nutrizione minerale, quindi catturano gli inquinanti sia dai terreni sia dalle acque sia dagli ambienti acquatici. Tutto dipende dalla natura della pianta e dalla bio-disponibilità del metallo, cioè dalla forma chimica più o meno affine con la capacità di assorbimento e trasporto da parte della pianta».

Scoperta che apre degli scenari interessanti per il futuro, considerando il tasso di inquinamento dei tempi moderni, ma che affonda le radici nel passato. Già nel 1948, infatti, due botanici italiani, C. Minguzzi e O. Vergnano, avevano descritto l’inusuale capacità dell’Alyssum bertolonii, raccolta nella zona dell’Impruneta di Firenze, di accumulare nichel nelle foglie (in una percentuale del 0,79%). La strada, seppur promettente, sembra però essere lunga.

Fitorimedio e fitodepurazione in Italie grazie a piante iperaccumulatrici

«Al momento, in Italia non ci sono applicazioni di fitorimedio e fitodepurazione che utilizzano le piante iperaccumulatrici per la bonifica di suoli e il trattamento delle acque inquinate da metalli pesanti, per lo meno non in modo esclusivo. La maggior parte delle iperaccumulatrici conosciute – commenta Di Baccio – sono caratterizzate da ridotta biomassa, tasso di crescita lento, sono endemiche e spesso capaci di accumulare uno o pochi metalli: tutte proprietà che le rendono poco adatte  in programmi di fitorimedio, o comunque meno efficienti di piante non iperaccumulatrici ma producenti elevata biomassa e a rapida crescita come il pioppo o il salice. Perciò, allo stato attuale, anche nei Paesi esteri le piante iperaccumulatrici vengono coltivate soprattutto per scopi di studio (selezione e caratterizzazione genetica e fenotipica di specie ed ecotipi più resistenti), oppure in consociazione con altre piante per migliorare le performance di impianti di biorimedio».

Insomma, le piante iperaccumulatrici sono delle possibili alleate per la bonifica dei terreni e il trattamento delle acque, a patto che la ricerca non smetta di investire in questo senso.

Foto: “Alyssum montanum ENBLA08” di Enrico Blasutto. Original uploader was Enrico Blasutto at it.wikipedia. Con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons