Dovremmo essere un popolo di santi, poeti e navigatori o più probabilmente di commissari tecnici e statisti. Di certo sembriamo non essere un popolo di chimici, stando ai Nobel assegnati in questa materia agli scienziati nostri connazionali.

Infatti, soltanto una volta un chimico italiano si è visto insignito del più alto riconoscimento a cui uno scienziato possa aspirare. E oggi sono passati poco più di 50 anni da quando Giulio Natta condivise l’onorificenza dell’accademia scientifica di Stoccolma assieme al chimico tedesco Karl Ziegler.

Natta, nonostante sia un premio Nobel poco conosciuto, è stato un innovatore e un prolifico propulsore per l’industria chimica durante e dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia mi pare che negli ultimi anni si siano sollevati pochi dei grandi interrogativi ai quali la scienza non è ancora riuscita a dare risposta soprattutto in ambito chimico, fino ad arrivare alla provocazione secondo la quale la chimica, già da alcuni decenni, si presenta come una scienza più che matura, con la sua ossatura già completamente sviluppata nelle sue branche e sotto branche, nei suoi principi fondanti perfettamente descritti ed intrecciati fra loro, in tutto e per tutto.

Centralità, connettività e tangibilità sono i tre punti di forza più calzabili alla chimica, tali da sostenerne un ruolo culturale di assoluta preminenza nella formazione. In aggiunta a questi valori, l’assottigliamento – quasi l’evanescenza – che fin dalle sue origini ha caratterizzato la divisione fra la chimica in quanto disciplina scientifica pura e le sue applicazioni tecnologiche più speculative, fa sì che oggi la chimica ed i suoi oggetti possano essere guardati non soltanto come realtà utilizzabili ai fini pratici, ma addirittura per certi versi come entità plasmabili, con un’innegabile analogia con gli oggetti dell’arte e dell’artigianato. Ma le generazioni future come vivranno la chimica?

La chimica del prossimo futuro, a mio avviso, dovrà rafforzare il suo ruolo di interconnessione basato sull’esistenza delle sostanze chimiche e sulla loro trasformazione e dovrà essere sempre più – con il supporto dell’evoluzione dei sistemi di calcolo tanto su base hardware che in relazione ai nuovi algoritmi sviluppati – dipendente dagli strumenti computazionali della chimica teorica con la quale costruire molecole sempre più complesse, fino a superare il limite della specie chimica così come la intendiamo oggi, per raggiungere supramolecole e nanostrutture. E come vedrà la chimica il grande popolo dei non addetti ai lavori? Certamente ai più la chimica dovrà rivestire un ruolo centrale, non dovrà essere inosservata, dovrà lasciare da parte azioni scriteriate di marketing e puntare sulla chimica delle strutture biologiche, su sistemi in grado di autoassemblarsi, sull’auto replicazione e sulla green chemistry.