È un passato che probabilmente non tornerà più quello delle serre tradizionali, cioè strutture chiuse in vetro, metallo e plastica costruite per essiccare prodotti o per coltivare ortofrutta e fiori, ricreando le caratteristiche del loro habitat naturale.

Il presente e il futuro puntano su serre iper tecnologiche. Per lo più si tratta di luoghi di produzione senza terra in ambiente controllato, sviluppati in verticale e adatti a essere realizzati anche in città. Tra i punti di forza spiccano l’eliminazione di anticrittogamici e pesticidi, il forte risparmio di acqua e l’aumento della produzione salvaguardando la qualità grazie all’indipendenza dal clima, dalle stagioni e dal ciclo giorno/notte.

Super innovazione nelle serre

Il tema è maturo anche in Italia, dove non mancano le sperimentazioni. L’Enea, l’agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, sta lavorando su una serra hi-tech, dotata di un innovativo sistema di illuminazione a LED per studiare il comportamento delle piante in ambienti chiusi e sotto stress.

Il particolare sistema consente una coltivazione in grado di fornire alle piante luce con lunghezze d’onda selezionate invece dell’intero spettro solare, con l’obiettivo di riuscire a coltivare anche negli ambienti privi delle caratteristiche fondamentali per la crescita, come i luoghi chiusi (ad esempio, all’interno dei fabbricati) ed estremi (ad esempio, nelle navicelle spaziali).
Questa serra hi-tech riproduce l’ambiente sotterraneo e aereo della pianta, ed è utile per ricerche in vari campi, ad esempio, la fisiologia, la patologia e la parassitologia vegetale, l’ecofisiologia, l’ecotossicologia, l’ecologia tellurica.

Durante il 2015, invece, l’Enea ha lavorato alla serra sostenibile inaugurata durante l’Expo di Milano: una serra verticale di 5 metri nella quale sperimentare l’agricoltura con zero pesticidi, a km zero e senza consumo di suolo. Le piante (lattuga e basilico) sono state coltivate su più strati, in cubetti di torba pressata immersi in acqua con soluzioni nutritive a riciclo continuo (sistema idroponico), mentre l’illuminazione a LED ad alta efficienza riproduceva il ciclo della fotosintesi clorofilliana.

Nel deserto australiano la serra sfrutta l’acqua marina

Dall’altra parte del Mondo non stanno a guardare. Nel deserto del sud dell’Australia hanno attivato una coltivazione di pomodori in serra, senza terra, senza acqua e senza pesticidi.

La serra di Port Augusta è un modello di coltivazione idroponico che al posto del terriccio usa un substrato di bucce di cocco e impiega acqua salata dell’oceano, desalinizzata attraverso un impianto ad energia solare che crea acqua dolce per irrigare le 180mila piante di pomodoro. L’energia necessaria viene prodotta da 23mila specchi che riflettono la luce solare verso una torre/antenna ricevente alta 115 metri, in grado, in una giornata soleggiata, di produrre fino a 39 megawatt di energia.

Altro vantaggio è la totale eliminazione del ricorso a erbicidi o pesticidi: parte dell’acqua marina viene utilizzata per il raffreddamento della serra e per filtrare il sistema di areazione, col risultato di sterilizzazione dell’atmosfera interna, il che non rende necessario l’impiego di altri prodotti. Secondo i calcoli, rispetto a una serra simile tradizionale, lo stabilimento risparmia 26mila tonnellate di CO2, due milioni di litri di combustibile e può produrre più di 400 milioni di litri d’acqua.